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pillole d'arte

Chi lo dice sa di esserlo, Pictionary ed altri racconti

Pensavi che fosse finita con l’articolo di ieri?
Alcuni feedback ricevuti hanno stimolato nuove riflessioni:

Trovo molto interessante (come caso da studiare direi) la posizione di coloro che sostengono che un ‘artista’ non lo può dire di sé stesso (?), sono gli altri che glielo devono dire. Analizziamo la ‘logica’ di questo assunto con esempi pratici:

sono un muratore, mi presento alle persone che mi chiedono che cosa faccio ed è come se io dovessi fare il gioco delle parole vietate, (mi scuso per il tono ironico ma è proprio una cosa che mi fa ridere), quindi devo spiegare con giri di parole che metto mattoni uno sopra l’altro con la malta in mezzo fino a costruire muri, al che l’ascoltatore mi dice “ah muratore!” e io finalmente liberato dall’incantesimo adesso posso dirlo, o no? Perché magari esiste un’altra regola segreta che stabilisce che neppure allora posso.

Ecco, ora rifacciamo lo stesso discorso sostituendo la parola artista, e mi vedo che vado spiegando “creo opere visuali di ingegno disegnate/dipinte/modellate su tela/carta/altro con colori e pennelli/spatole/altro che ho acquistato in un negozio di belle arti, per fare questi lavori ho studiato anni, ma non ti posso dire che cosa sono io se non lo indovini e lo dici prima tu, perché una bizzarra e contorta regola, decisa da non-so-chi, e che non sta scritta da nessuna parte, stabilirebbe, a detta di alcuni, che io non te lo possa dire chiaramente ma ci debba girare intorno giocando alle sciarade finché non lo dici tu”.
Logica ferrea no? Visto che uno dipinge perché non passare direttamente a giocare a Pictionary?

Ah, ma no, mi risponde qualcuno, “non hai capito, sono quelli che ‘se ne intendono’ che devono dire all’artista se è un artista”, e quindi mi aspetto anche che il muratore debba aspettare che glielo dica un architetto, e prima di allora farà il muratore continuando a non poter dire che lo è…

Torniamo a parlare in modo serio, una logica deve avere uno scopo, e chiediamoci lo scopo di questa particolare curiosa logica.
Questa logica richiede di adeguarsi passivamente a qualunque etichetta venga da fuori, come se le etichette che ci appiccicano gli altri dovessero avere più valore di quello che noi sentiamo e sappiamo di essere*.
Persino chi lo sostiene dimostra di credere per se stesso che qualcuno esterno possa avere il diritto di sindacare su chi è, indipendentemente da ciò che mostra di saper fare.
Una logica onestamente poco sana, accettare come legge tutto quello che ci arriva da fuori comporta che la nostra autostima e le nostre scelte di vita debbano dipendere dal giudizio esterno, significa delegare il senso del nostro essere agli altri, rinunciare ad essere pienamente noi stessi.
Logica molto, molto perniciosa, consiglierei di evitare di abbracciarla.

Ma lo scopo?

Direi che dietro possa esserci un bisogno di controllo. L’artista è da sempre visto come qualcuno che potenzialmente può fare cose imprevedibili, libere, dirompenti, le biografie di artisti noti spesso dimostrano l’impegno politico, la spinta a forzare norme sociali antiquate in favore di qualcosa di nuovo, anche magari utopistico, l’artista ha strumenti per denunciare, diffondere idee, non a caso nei regimi totalitari molti artisti se la sono vista brutta, e sono dovuti fuggire.

L’artista è intrinsecamente visto come potenzialmente pericoloso per il quieto vivere.
Ecco perché lo vogliamo poter consentire solo a quelli rassicuranti quel titolo, o a quelli che ci piacciono, decorativi, che fanno cose belle, con emozioni belle, non quelli che hanno idee, e non deve essere accessibile per la casalinga, l’adolescente, l’impiegato delle poste, lo spazzino.
Mica vorremo che a qualcuno di loro venga voglia di contribuire a cambiare la società no?
Lasciamoli lì a fare quelli che disegnano per hobby, che però non possono sentirsi artisti, così riduciamo il rischio che si montino la testa, o che la alzino dal foglio per guardare oltre.

Ecco cosa ci vedo dietro in filigrana.

Io personalmente invece una società piena di artisti, con tanta voglia di un mondo più al passo con i tempi, la voglio proprio.

Tu fa quello che credi, ma prima o poi i golem si svegliano, e se sono golem, insegna la leggenda, fanno danni, molto meglio creare artisti che golem.

* chiaramente non mi riferisco a titoli professionali di tipo medico, scientifico, giuridico, per i quali ovviamente, data la criticità del loro operare professionale, è ovvio che la loro professione debba essere certificata da ente esterno (tiolo universitario, iscrizione all’albo ecc.)

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